Villa Spada, a
un tiro di voce dal Piave, nei giorni della disfatta di Caporetto diventa
dimora del comando austriaco e teatro di un dramma romantico e patriottico
disteso su un fondo nascosto di miserie. Un apologo malinconico sull’illusione
degli eroi.
«Maggiore, la guerra è assassinio, sempre...
voi ora volete solo dare un esempio: uccidere dei signori non è come uccidere
dei contadini! Negando la grazia voi contribuite... sto dicendo voi, barone von
Feilitzsch, perché qui ci siete voi... contribuite a distruggere la civiltà di
cui voi ed io... e questo ragazzo... facciamo parte, e la civiltà è più importante
del destino degli stessi Asburgo, o dei Savoia».
|
l'autore davanti all'ingresso della Villa di famiglia a Refrontolo, dove si svolge il romanzo ispirato dal ritrovamento di alcune pagine di diario di una prozia, scritte durante il periodo di occupazione della casa da parte del comando tedesco..
|
Orgoglio, patriottismo, odio, amore: passioni
pure e antiche si mescolano e si scontrano tra loro, intorbidate più che
raffrenate dal senso, anch’esso antico, di reticenza e onore. Villa Spada,
dimora signorile di un paesino a pochi chilometri dal Piave, nei giorni
compresi tra il 9 novembre 1917 e il 30 ottobre 1918: siamo nell’area
geografica e nell’arco temporale della disfatta di Caporetto e della conquista
austriaca.
Nella villa vivono i signori: il nonno
Guglielmo Spada, un originale, e la nonna Nancy, colta e ardita; la zia Maria,
che tiene in pugno l’andamento della casa; il giovane Paolo, diciassettenne,
orfano, nel pieno dei furori dell’età; la giovane Giulia, procace e un po’
folle, con la sua chioma fiammeggiante. E si muove in faccende la servitù: la
cuoca Teresa, dura come legno di bosso e di saggezza stagionata; la figlia
stolta Loretta, e il gigantesco custode Renato, da poco venuto alla villa.
La
storia, che il giovane Paolo racconta, inizia con l’insediamento nella grande
casa del comando militare nemico. Un crudo episodio di violenza su fanciulle
contadine e di dileggio del parroco del villaggio, accende il desiderio di
rivalsa. Un conflitto in cui tutto si perde, una cospirazione patriottica in
cui si insinua lo scontro di psicologie, reso degno o misero dall’impossibilità
di perdonare, e di separare amore e odio, rispetto e vittoria. E resta un senso
di basso orizzonte, una claustrofobia, che persiste ironicamente nel contrasto
con lo spazio immenso delle operazioni di guerra.
Andrea
Molesini è nato e vive a Venezia. Ha curato e tradotto opere di poeti
americani: Ezra Pound, Charles Simic, Derek Walcott. Ha scritto storie per
ragazzi tradotte in varie lingue. Non tutti i bastardi sono di Vienna è
il suo primo romanzo.
|